3. Giulio Camillo
Giulio Camillo nacque a Portogruaro attorno al 1484. Ma non vi sono, al momento, documenti certi sulla data (qualcuno ipotizza il 1480) né sul luogo esatto.
Il Castelvetro ci informa che era stato battezzato come Bernardino: quello con cui lo conosciamo potrebbe quindi essere uno pseudonimo, un nom de plume latineggiante, cosa non infrequente tra i cultori della classicità, e che ben si addice ad un fervente ciceroniano quale Camillo fu.
Quanto al soprannome con cui pare fosse identificato - "Delminio" -starebbe a ricordare l'antica città dalmata da cui il padre (forse di famiglia croata) si era trasferito in Friuli.
Dopo i primi studi a Portogruaro e a Venezia, Giulio Camillo passa all'Università di Padova. Per diversi anni Camillo opera in Friuli: insegna eloquenza o logica a San Vito, nella "locale accademia". Nel 1508 è tra coloro danno vita, a Pordenone, all'Accademia Liviana, raccoltasi intorno al condottiero delle armate della Serenissima, Bartolomeo d'Alviano (cui Venezia, riconoscente, aveva donato la città di Pordenone). L'Accademia annoverò membri quali Andrea Navagero, Girolamo Fracastoro, Giovanni Cotta e Girolamo Borgia. Nel 1509 (la data è incerta) Giulio Camillo fu a Roma così come nel 1519. Ma nel 1515 è sicuramente a Udine, quale "maestro d'umanità". Qui tenta poi di ottenere "l'officio di Cancelliere della Comunità".
Nel 1527 la vedova dell'Alviano, Pantasilea Baglioni, lo fa scacciare per cause sconosciute da Pordenone, ove rivestiva l'incarico di pubblico precettore. A Venezia Giulio Camillo si era da tempo creato una cerchia di amicizie comprendenti, tra gli altri, Bembo, l'Aretino e Tiziano, e vi conobbe "assai famigliarmente" Erasmo da Rotterdam, il quale nel "Ciceronianus" ricorda il friulano come il più insigne oratore presente in Roma (nel 1509?): "Florebant id tempore Romae praeter ceteros dicendi laude Petrus Phaedrus et Camillus hoc aetate minor, sed eloquendi viribus maior".
In quegli anni, come dice il Liruti "o in Padova, o in Venezia, o nell'una o nell'altra città, si pose allo studio della lingua ebraica, e delle altre lingue orientali difficilissime, nelle quali riescì felicemente, e da tale, che in molt'incontri dimostrò molta scienza, mediante queste lingue, de' Sacri libri: ed in oltre si era internato nelle cose astrusissime della Cabala Ebraica, e delle misteriose loro Tradizioni, ed era informato de' dogmi misteriosi degli Egiziani, de' Pitagorici e de' Platonici...".
Nel 1519 Camillo, ciceroniano convinto, è di nuovo a Roma, fra i fautori di Christophe de Longueil accusato di "lesa romanità", per presenziare alla requisitoria di Celso Mellini; in questa circostanza si può ipotizzare un suo incontro con il Cardinale Egidio da Viterbo, uno dei massimi cabalisti cristiani.
Importantissime le visite di Giulio Camillo a Milano e in Francia, alla corte di Francesco I, suo grande sostenitore -   anche dal punto di vista economico - nell'impresa che lo studioso si era prefisso di costruire il "Teatro della memoria", un teatro virtuale sognato dall'autore quale enciclopedia del sapere e immagine del cosmo. Un Teatro forse materiale, forse solo progettato su carta: tale comunque da suscitare ammirazione, sospetti, invidie.
Non ultima quella dello stesso Erasmo che al Bembo chiese di riferirgli tutto ciò che Giulio Camillo stava facendo. E' proprio da un "rapporto segreto" del Bembo che oggi si ricavano le uniche notizie di prima mano sulla grande idea di Giulio Camillo che morì - in circostanza misteriose - attorno al 1544.
E un fulmine - così narrano alcuni suoi contemporanei - incenerì il suo Teatro.

Riduzione da:
"L'anima artificiale", di Mario Turello e Daniele Cortolezzis.
Editore Aviani, Udine, 1993