Stephanus

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La fullonica di Stephanus era la più grande di Pompei e occupava tutta una casa. Deve il suo nome all'iscrizione dipinta sulla facciata dell' edificio in cui si legge che un certo Stephanus, forse il padrone dell'officina, raccomanda di votare per un candidato alle elezioni per i magistrati della colonia. Nell' ingresso si trovava una pressa, nell' atrio c'era l'impluvio, trasformato in vasca per il lavaggio delle stoffe. Gli ambienti erano coperti da un terrazzo su cui venivano stesi i panni lavati. Nel peristilio si trovavano altre tre vasche comunicanti e cinque bacini pestatoi. Nella stessa area c'era la cucina per gli schiavi che lavoravano nella fullonica (gli operai liberi potevano andare a mangiare a casa) e una latrina. Nelle lavanderie venivano puliti sia i tessuti nuovi, per eliminare residui di filatura e tessitura, sia i tessuti usati che potevano essere anche ritinti o riparati. Dalle vasche di lavaggio le stoffe passavano ai bacini pestatoi, dove erano pigiate con i piedi in acqua mista a soda o urina (umana o animale) per smacchiarli. Poi venivano ammorbiditi con argilla o terra, battuti con l'ausilio della pressa per ricondensarne la trama e infine risciacquati ripetutamente in acqua per eliminare le sostanze fulloniche. Le lavanderie erano provviste di terrazze per stendere ad asciugare al sole e al vento il bucato. In mancanza di questi spazi erano utilizzati i prati adiacenti alle botteghe o addirittura la pubblica via: un'apposita legge lo consentiva. Prima della spazzolatura e della rasatura, i tessuti erano sottoposti alla zolfatura, che li rendeva lucidi, venendo stesi sopra gabbie di vimini, sotto alle quali ardeva lo zolfo. Infine venivano stirati ancora umidi sotto una pressa.


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