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Racconti da eddangela il
16/07/2007
Ho cominciato la mia vita come senza dubbio la terminerò: tra i libri.
Nell’ufficio del nonno ce n’erano dappertutto ed era vietato spolverarli, tranne una volta all’anno, prima della riapertura delle scuole. Non sapevo ancora leggere e non sapevo bene cosa farne. Assistevo ogni giorno a un
cerimoniale di cui mi sfuggiva il significato: mio nonno -goffo, di solito- maneggiava quegli oggetti con grande destrezza. Quando il nonno -io ero molto piccolo- mi regalò i primi libri di fiabe, ne posai uno sulle ginocchia di mia madre. Lei alzò gli occhi dal suo lavoro: - Che vuoi che ti legga, caro? Le Fate? - Incredulo, domandai:- Le Fate, ma son là dentro?- E quando
cominciava a leggere rimanevo stupito, quasi non riconoscevo il suo modo di parlare. Chi è che raccontava? Che cosa, e a chi?
Appena un attimo dopo avevo capito: era il libro a parlare.
(Letta da Angela)
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Padre, se anche tu non fossi mio
padre, se anche fossi un uomo estraneo,
per te stesso egualmente t’amerei.
Chè mi ricordo d’un mattino d’inverno
che la prima viola sull’opposto
muro scopristi dalla tua finestra
e ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
di casa uscisti e l’appoggiasti al muro.
Noi piccoli stavamo alla finestra.
E di quell’altra volta mi ricordo
che la sorella mia piccola ancora
per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia aveva fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte
dalla paura ti mancava il cuore;
chè avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia, e tutta spaventata
tu vacillante l’attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l’avviluppavi come a difenderla
da quel cattivo ch’eri il tu di prima.
Padre, se anche fossi un uomo estraneo,
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fancuillo t’amerei.
(Letta da Angela)
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