Il cigno di Jules Renard

Come una candida slitta, scivola sulla vasca, di nuvola in nuvola.
Di nuvole ha fame, tutte di bambagia, che vede nascere, navigare, perdersi nell’acqua.
Ne vuole una. La punta col becco e, d’improvviso, tuffa il collo vestito di neve.
Poi, come un braccio di donna sboccia da una manica, lo ritira.
Nulla. Guarda: le nuvole spaventate sono scappate via.
Resta solo un attimo perplesso, perchè le nuvole non stanno molto a tornare e laggiù, dove muoiono le increspature dell’acqua, eccone un’altra che si riforma.
Dolcemente sul suo lieve cuscino di piume, il cigno rema e si approssima. Si sfinise a pescar vani riflessi, e forse morirà, vittima di questa illusione, prima di acciuffare un solo pezzetto di nuvola. Ma che dico? A ogni tuffo, fruga col becco nella emlma grassa e ne estrae un verme. Ingrassa come un’oca.

(Testo descrittivo connotativo recitato da Vincenzo, Giosuè, Viviana, Domenico della classe 4^ A - Don Bosco, Cardito (NA)

Così lo immagina Francesco

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