A MIO PADRE di C. Sbarbaro

Padre, se anche tu non fossi mio
padre, se anche fossi un uomo estraneo,
per te stesso egualmente t’amerei.
Chè mi ricordo d’un mattino d’inverno
che la prima viola sull’opposto
muro scopristi dalla tua finestra
e ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
di casa uscisti e l’appoggiasti al muro.
Noi piccoli stavamo alla finestra.
E di quell’altra volta mi ricordo
che la sorella mia piccola ancora
per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia aveva fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte
dalla paura ti mancava il cuore;
chè avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia, e tutta spaventata
tu vacillante l’attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l’avviluppavi come a difenderla
da quel cattivo ch’eri il tu di prima.
Padre, se anche fossi un uomo estraneo,
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fancuillo t’amerei.

(Letta da Angela)

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