All’inizio di “Niente e così sia” di O. Fallaci, la sorella Elisabetta le chiede: -La vita, cos’è?- Alla fine dell’inferno, lei le risponde: - E’ una cosa da riempire bene, senza perdere tempo. Anche se a riempirla si rompe. -
Questa l’ho letta una vita fa, a prefazione di “Uccelli di rovo”, allora ci arrangiavamo con “Selezione dal Reader’s Digest”
…una leggenda…
narra di un uccello che canta una sola volta nella vita.
Da quando lascia il nido, cerca un grande rovo…e cerca, cerca,
e non ha pace finchè non l’ha trovato.
E, solo quando l’ha trovato canta, canta più soavemente di ogni altra creatura.
Ma, cantando, precipita sulla spina più lunga ed affilata del rovo.
Mentre sta morendo, però, vince il tormento atroce della
sua agonia e supera con la sua melodia l’allodola e l’usignolo.
Il mondo intero si ferma e tace per ascoltarlo e Dio sorride Lassù in Paradiso.
Perchè alla perfezione si arriva soltanto a prezzo di grandi sofferenze…
…così dice la leggenda….
(”Ebbene, l’uccello, con la spina nel petto segue una legge immutabile:
è spinto da non sa cosa a trafiggersi, e muore cantando.
Nell’attimo stesso in cui la spina lo penetra, non ha consapevolezza della morte
imminente; si limita a cantare, e cantare, finchè non rimane più vita per emettere
una sola altra nota.
Ma noi, quando affondiamo le spine nel nostro petto, sappiamo….e lo facciamo ugualmente…”)
… zi… zi… zi… vive.. vive… vive (per Alèkos, da “Un Uomo” di O. Fallaci)