Archivio di Giugno, 2007


Da una poesia di SANDRA DEMA (0 commenti, scrivi tu)

Come bolle di sapone
si muovono nell’aria senza nome
leggeri e trasparenti
silenziosi e lievi
salgono al cielo liberi di andare
nessuna nuvola li può fermare
danzano e vagano
alla ricerca dei pensieri
che li faccian trasformare
… non più sogni nè desideri.

(Recitata da Vincenzo e Giulia della classe 3^A - II Circolo Cardito)

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Da una poesia di SANDRA DEMA (0 commenti, scrivi tu)

Ho chiuso gli occhi
e ho guardato lontano
ho visto le sue acque lambire le coste
una carezza dolce e calda sulle spiagge
uno schiaffo amaro e freddo sulle rocce.
Ho teso le orecchie e ne ho udito il rumore
le sue onde mi hanno cullata
con il ritmo di una musica incalzante
con l’eco di suoni lontani.
Ho aperto gli occhi
e li ho visti giocare,
le loro voci ho ascoltato,
sull’altra sponda li ho visti danzare
e i loro gesti ho imparato.

(Recitata da Domenico, Giosuè, Orlando della classe 3^A - II Circolo Cardito)

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Da una poesia di Norman H. Russel, indiano Cherokee (0 commenti, scrivi tu)

Come l’albero non finisce
con le punte delle sue radici
o dei suoi rami
e l’uccello non finisce
con le sue piume e col suo volo,
e la terra non finisce
con i suoi monti più alti
così anch’io non finisco
con le mie braccia,
i miei piedi,
la mia pelle,
ma mi espando di continuo
con la mia voce e il mio pensiero
oltre ogni spazio e ogni tempo,
perchè la mia anima è il mondo.

(Recitata da Francesco, Eduardo, Salvatore, Riccardo della classe 3^A - II Circolo Cardito)

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Paesaggi sonori: ruscello (0 commenti, scrivi tu)

Sonorizzazione della poesia di N. Hikmet

Tema del paesaggio sonoro: ruscello

(Sonorizzazione a cura di Camilla Ferrante e Federica Pilli)

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Paesaggi sonori: uccelli (0 commenti, scrivi tu)

Sonorizzazione della poesia di N. Hikmet

Tema del paesaggio sonoro: uccelli

(Sonorizzazione a cura di Camilla Ferrante e Federica Pilli)

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Mostro (Silvia Favaretto) (0 commenti, scrivi tu)

Mostro
le viscere
scostando
la pelle dal
costato.
Esibisco
il mostro
nella sua cava
pulsante
di verità.
Guardate chi sono.

(Scritta e recitata dall’autrice. “Mostro” ed è tratta dal libro “El sacrificio de la mar”)

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Nocturno 5 (Silvia Favaretto) (0 commenti, scrivi tu)

Strisce di seta viola,
odorosa di sandalo,
colando come miele,
scende la notte che danza
sui tetti delle città.

L’immortalità
ti ha toccato
con il verso, con l’oscurità,
con l’onda,
ma l’eternità non ti si addice.

I fiumi di parole inutili
che ci siamo dette,
raggiungeranno il mare del rimpianto
quando le nostre barche senza vela
si incaglieranno contro gli scogli
del passato.

Strisce di seta viola,
odorosa di sandalo,
colando come miele,
scende la notte che danza
sul tuo corpo steso, e stanco.

(Scritta e recitata dall’autrice. “Nocturno 5″ è tratta da “La carne del tiempo”, Prima edizione Colombiana 2002, seconda edizione argentina 2004)

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La quiete dopo la tempesta (G. Leopardi) (0 commenti, scrivi tu)

quiete.jpg

Passata è la tempesta:
Odo augelli far festa, e la gallina,
Tornata in su la via,
Che ripete il suo verso. Ecco il sereno
Rompe là da ponente, alla montagna;
Sgombrasi la campagna,
E chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
Risorge il romorio
Torna il lavoro usato.
L’artigiano a mirar l’umido cielo,
Con l’opra in man, cantando,
Fassi in su l’uscio; a prova
Vien fuor la femminetta a còr dell’acqua
Della novella piova;
E l’erbaiuol rinnova
Di sentiero in sentiero
Il grido giornaliero.
Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
Per li poggi e le ville. Apre i balconi,
Apre terrazzi e logge la famiglia:
E, dalla via corrente, odi lontano
Tintinnio di sonagli; il carro stride
Del passeggier che il suo cammin ripiglia.
Si rallegra ogni core.
Sì dolce, sì gradita
Quand’è, com’or, la vita?
Quando con tanto amore
L’uomo a’ suoi studi intende?
O torna all’opre? o cosa nova imprende?
Quando de’ mali suoi men si ricorda?
Piacer figlio d’affanno;
Gioia vana, ch’è frutto
Del passato timore, onde si scosse
E paventò la morte
Chi la vita abborria;
Onde in lungo tormento,
Fredde, tacite, smorte,
Sudàr le genti e palpitàr, vedendo
Mossi alle nostre offese
Folgori, nembi e vento.
O natura cortese,
Son questi i doni tuoi,
Questi i diletti sono
Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
È diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
Spontaneo sorge e di piacer, quel tanto
Che per mostro e miracolo talvolta
Nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana
Prole cara agli eterni! assai felice
Se respirar ti lice
D’alcun dolor: beata
Se te d’ogni dolor morte risana.

(Recitata da Poppi Moreno)

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