Archivio di Aprile, 2007


Sonetto 19 (Sandrino e Mario SONETTI STRAVAGANTI) (0 commenti, scrivi tu)

Se diguazzando un dì nelle tonnare,
ebbro di grignolino e di cicuta,
ti giunga il canto della sordomuta,
deh, non scordarti allor di spigolare!

Ma se la squadra mobile compare
per catturar la segala cornuta,
s’affretti la duchessa decaduta
ad intonar la marcia rnilitare.

E mentre, nel segreto dell’alcova,
un sagrestano e un uomo di colore
van numerando gli anni dell’Egira,

munito d’una finta barba assira,
s’accinga l’avvocato difensore
a risalir nuotando la Moscova.

(Recitata da Giulio Cappa)

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Sonetto 1 (Sandrino e Mario SONETTI STRAVAGANTI) (0 commenti, scrivi tu)

Vedere e non veder non è lo stesso,
ed una cosa è l’acqua e un’altra il vino;
Cartesio non suonava il mandolino
e Dante non mangiava il porco lesso.

E scrutar non si deve dal bompresso
l’onda dell’Arno e l’onda del Ticino;
non prese mai neppure Tigellino,
due rane ed un topazio, al tempo stesso.

Un toro avendo a fianco per ischermo,
suonai la tromba con la bocca storta,
lentamente girando per un chiostro.

Il gatto, zampettando nell’inchiostro,
guarda sottecchi una gallina morta;
né fermare lo può chi è sempre infermo

(Recitata da Giulio Cappa)

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Il fuoco ( di Alessandra) (0 commenti, scrivi tu)

Fuoco che riscalda la gente,
fuoco che brucia i boschi,
che fa volare gli uccelli a sud.
Il suo rosso pauroso,
fa spaventare il mondo.
Fuoco che muore,
per via dell’ acqua.
Fuoco che mette gli animali in trappola,
l’ incubo di un bimbo appena nato.
Fuoco,
magia del diavolo,
e dopo ad un tratto tutto svanisce.
(Recitata da Alessandra)

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Il testamento di un albero (Trilussa) (0 commenti, scrivi tu)

Un albero del bosco
chiamò gli uccelli e fece testamento:
lascio i miei fiori al mare,
lascio le foglie al vento,
i frutti al sole. e poi
tutti i semetti a voi.

A voi poveri uccelli,
perché mi cantate la canzone
nella bella stagione…
IO voglio che gli stecchi,
quando saranno secchi,
facciano il fuoco per i poverelli.
(Recitata da Nicole)

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San Martino (Giosuè Carducci) (0 commenti, scrivi tu)

La nebbia agl’irti colli
piovigginando sale
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar.
Ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor de’ vini
L’anime a rallegrar.
Gira sui ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando
sta il cacciator fischiando
sull’uscio an rimirar:
fra le rossastre nubi
stormi di uccelli neri
come esuli pensieri
nel vespero migrar.
(Recitata da Sofia)

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La nostra Primavera (cl.3^b,2005) (0 commenti, scrivi tu)

Rondinelle belle belle, venite a me,
sono la primavera, la più bella che c’ è…
Ho capelli color verdolino
abbelliti da un fiore turchino,
una corona di nuvole bianche,
sempre volano e mai sono stanche.

La mia veste è fatta di fiori
e di farfalle di mille colori.
Occhi dorati di luce solare,
come lucidi riflessi nel mare.
Profumo di rose e brezza marina.
La mia voce è acqua argentina:
bimbo bello, dormi sereno;
ché ti accompagna l’arcobaleno.
(classe III b)

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La scuola (di Alessandra) (0 commenti, scrivi tu)

Scuola che si impara,

che si sta insieme, con gli amici,

Scuola che si gioca,

durante la ricreazione,

Scuola,

come il sogno di un bimbo,

di crescere,

Scuola,

con i bambini che giocano ,

in cortile, e si bagnano,

con l’ acqua del ruscello,

lì vicino.

E all’ improvviso,

si ritorna a studiare. (Recitata da Alessandra)

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George Gray (Edgar Lee Masters) (1 commento)

Molte volte ho studiato
La lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realta’ non e’ questa la mia destinazione
ma la mia vita.
Perche’ l’amore mi si offri’ e io mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore busso’ alla mia porta, e io ebbi paura;
l’ambizione mi chiamo’, ma io temetti gli imprevisti.
Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita puo’ condurre a follia
ma una vita senza senso e’ la tortura
dell’inquietudine e del vano desiderio -
e’ una barca che anela al mare eppure lo teme”

(Recita Claudia Cristoforetti)

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Ah si (da 1001 storie Zen di Muju, il non-dimorante) (0 commenti, scrivi tu)

Ah si

Il Maestro di zen Hakuin era decantato dai vicini per la purezza della sua vita.
Accanto a lui abitava una bella ragazza giapponese, i cui genitori avevano un negozio di alimentari.
Un giorno, come un fulmine a ciel sereno, i genitori scoprirono che era incinta.
La cosa mandò i genitori su tutte le furie. La ragazza non voleva confessare chi fosse l’uomo,
ma quando non ne poté più di tutte quelle insistenze, finì col dire che era stato Hakuin.
I genitori furibondi andarono dal maestro. “Ah sì?” disse lui, come tutta risposta.
Quando il bambino nacque lo portarono da Hakuin.
Ormai lui aveva perso la reputazione, cosa che lo lasciava indifferente, ma si occupò del bambino con grande sollecitudine. Si procurava dai vicini il latte e tutto quello che occorreva al piccolo.
Dopo un anno, la ragazza madre non resistette più. Disse ai genitori la verità: il vero padre del bambino era un giovanotto che lavorava al mercato del pesce.
La madre e il padre della ragazza andarono subito da Hakuin a chiedergli perdono, e fargli tutte le loro scuse e a riprendersi il bambino.
Hakuin non fece obiezioni.
Nel cedere il bambino, tutto quello che disse fu: “Ah sì?”.

(Recitata da Antonio Leone)

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Una tazza di tè (da 1001 storie Zen di Muju, il non-dimorante) (0 commenti, scrivi tu)

Una tazza di tè

Nan-in, un Maestro Giapponese dell’èra Meiji (1868-1912), ricevette la visita di un professore universitario
che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen.
Nan-in servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare.
Il professore guardò traboccare il tè, poi non riuscì più a contenersi. “E’ ricolma. Non ce n’entra più!”.
“Come questa tazza,” disse Nan-in “tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture.
Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?”.

(Recitata da Antonio Leone)

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