Le formiche morte
Sbadatamente appese, rapprese agl’esili fili
D’una ragnatela all’insaputa composta
In musicale perfezione
Sotto il davanzale
In un trionfo di natura su natura,
nella circolare cifra in cui tutto accade-accadde
somma degli atomi esistiti-esistenti;
le formiche estinte
in esilii di seta,
nelle carcasse minime, pazientemente resistenti
ora
riposano.
Recitata da Luca Grazioli
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Ho attraversata tutta la città.
Poi ho salito un’erta,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.
Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all’ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l’ultima, s’aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un’aria strana, un’aria tormentosa,
l’aria natia.
La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.
Recitata da Vera Stassaldi
Trieste, Umberto Saba:
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Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
Napoli, il 26 dicembre 1916
Recitata da Anna Armanini
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Qui dove sono guerre (da elencare) da spighe immobili
e amori, nella brace spesso vedo e fiori a ciocche avvolti
nomi e fatti, terre e acqua. O da una strada
che s’inerpica fino a un faro che dietro questa ideale città
non si illumina, per essere più
di se stesso infine si sfa il timore
del viaggio. Ogni affollata strada, ogni
scala è una nascita, emerge da sé
un paesaggio di festa. S’ode azzurra
come lo Jonio, una (rara) confusione
di foglie poiché questa artificiale si schiantavano ieri cerri, faggi
argilla domani sradicherà…
Recitata da Chiara Lo Iacono
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Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
Recitata da Annamaria Fumi
Standard Podcast [0:32m]:
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Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Recitata da Marianna Giraudini
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Lo sai: debbo riperderti e non posso.
Come un tiro aggiustato mi sommuove
ogni opera, ogni grido e anche lo spiro
salino che straripa
dai moli e fa l’oscura primavera
di Sottoripa.
Paese di ferrame e alberature
a selva nella polvere del vespro.
Un ronzìo lungo viene dall’aperto,
strazia com’unghia ai vetri. Cerco il segno
smarrito, il pegno solo ch’ebbi in grazia
da te.
E l’inferno è certo.
Recitata da Rena De Bellis
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Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
[da Satura]
Recitata da Chiara Coppa
Ho sceso, dandoti il braccio:
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Autunno, scia di fumo sottile da vecchi camini,
cumulo di pietre in rovina;
tizzi scoppiettanti al foco,
mille faci che fuggono in alto,
acuti sfrigolii,
urla per il duro intruso,
che scalza le braci.
Odore intenso, acre
di cenere, di carne brusàa.
Aere denso, di picciol gocce
ricolmo, che solo il tatto
sorprender pòte.
Arbori nudi,
in fila, senza segreti, si stagliano
sopra distese di foglie fruscianti
e, quasi fosser militi, ala fanno
al lento incedere di passegger solingo,
da lunga caminata stracco.
Recitata da Gabriele Coltorti
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Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
Perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Recita da Manuel Milano. Classe Prima G Albe Steiner Milano.
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