Archivio della categoria ‘Racconti’


STORIA DI UNA RANA di Terzoli e Vaime (0 commenti, scrivi tu)

Evelyne era una bellissima rana, ammirata da tutti gli abitanti dello stagno.
Un brutto giorno, però, un principe passò di lì sul suo cavallo bianco e in un battibaleno decise di darle un bacio: Evelyne divenne subito una principessa, ma così brutta che persino il principe, dallo spavento, svenne.
- Povera me! - pensò Evelyne disperata - Come farò a liberarmi da questo stupido incantesimo? Gli umani sono così sciocchi! Come possono pensare che tutti gli esseri viventi desiderino diventare come loro?-.

(Letta da Angela)

rana e ranocchi in 3d

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IN UN LIBRO C’E'… di J. P. Sartre (0 commenti, scrivi tu)

Ho cominciato la mia vita come senza dubbio la terminerò: tra i libri.
Nell’ufficio del nonno ce n’erano dappertutto ed era vietato spolverarli, tranne una volta all’anno, prima della riapertura delle scuole. Non sapevo ancora leggere e non sapevo bene cosa farne. Assistevo ogni giorno a un
cerimoniale di cui mi sfuggiva il significato: mio nonno -goffo, di solito- maneggiava quegli oggetti con grande destrezza. Quando il nonno -io ero molto piccolo- mi regalò i primi libri di fiabe, ne posai uno sulle ginocchia di mia madre. Lei alzò gli occhi dal suo lavoro: - Che vuoi che ti legga, caro? Le Fate? - Incredulo, domandai:- Le Fate, ma son là dentro?- E quando
cominciava a leggere rimanevo stupito, quasi non riconoscevo il suo modo di parlare. Chi è che raccontava? Che cosa, e a chi?
Appena un attimo dopo avevo capito: era il libro a parlare.

(Letta da Angela)

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INSIEME E’ MEGLIO di F. R. De Lamennais (0 commenti, scrivi tu)

Un uomo arrivò in un luogo dove una grande roccia aveva ingombrato tutto il sentiero e non v’era altro passaggio nè a sinistra nè a destra. L’uomo cercò i aggirare l’ostacolo, s’affaticò molto, ma tutti i suoi sforzi furono inutili. Sedette allora pieno di tristezza e disse:- Che sarà di me, quando la notte mi sorprenderà solo, senza riparo, nell’ora in cui le bestie feroci escono in cerca di preda?- Mentre era assorto in questo pensiero, giunse un altro viaggiatore che tentò di rimuovere la roccia senza riuscirci.
Dopo di lui, ne vennero molti altri, ma nessuno potè smuovere la roccia e tutti avevano una grande paura. Infine uno di loro disse agli altri:- Fratelli miei, ciò che ciascuno di noi non è riuscito a fare da solo, chi sa se non potremo farlo tutti insieme?- Allora si alzarono e, insieme, spinsero la roccia, che finalmente cedette.
Il viaggiatore è l’uomo, il viaggio è la vita, la roccia sono le difficoltà che egli incontra a ogni passo lungo il proprio cammino. Nessun uomo sarebbe capace di sollevare da solo quella roccia; ma quella roccia non fermerà mai coloro che viaggiano insieme.

(Letta da Angela)

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Da “PLANTING A RAINBOW” di Lois Ehlert (0 commenti, scrivi tu)

Ogni anno la mamma e io piantiamo in giardino… l’arcobaleno.
In autunno compriamo i bulbi e li mettiamo nella terra e poi aspettiamo
per tutto l’inverno che arrivi la primavera.
Il sole riscalda la terra e fa germogliare i bulbi. Allora mettiamo nella terra
i semi di altre piantine. Poi guardiamo il nostro arcobaleno crescere, crescere e crescere.
Abbiamo fiori rossi e fiori arancione, alcuni gialli, blu e viola.
Intorno c’è molto verde.

(Letta da Angela)

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LA RANA CRA-CRA da “Una storia ancora… e poi buona notte” (0 commenti, scrivi tu)

Cra-Cra era una rana che non sapeva nuotare. Aveva tentato di tutto:
la ciambella, i braccioli, la tavoletta ma aveva una tale paura dell’acqua
che andava a fondo comunque.
Trascorreva le sue giornate a guardare gli altri ranocchi far tuffi e capriole.
Un giorno, vide qualcosa luccicare sul fondo dello stagno, dimenticò ogni
paura e dopo un bel tuffo tornò a riva con un anello dorato.
Era molto soddisfatta, dopotutto per una rana imparare a nuotare è una
cosa normale… ma una rana con un anello non si era mai vista.

(Letta da Angela)

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Da “L’uomo dal fiore in bocca” di L. Pirandello (1 commento)

L’uomo dal fiore:Mi lasci dire! Se la morte, signor mio, fosse come uno di quegli insetti strani, schifosi, che qualcuno inopinatamente ci scopre addosso… Lei passa per via; un altro passante, all’improvviso, lo ferma e, cauto, con due dita protese le dice: - Scusi, permette? lei, egregio signore, ci ha la morte addosso -. E con quelle due dita protese, la piglia e la butta via… Sarebbe magnifica! Ma la morte non è come uno di quegli insetti schifosi. Tanti che passeggiano disinvolti e alieni, forse ce l’hanno addosso; nessuno la vede; ed essi pensano quieti e tranquili a ciò che faranno domani e doman l’altro. Ora io… caro signore, ecco… venga qua… qua sotto il lampione… venga…. le faccio vedere una cosa… Guardi qua, sotto questo baffo… qua, vede che bel tubero violaceo? Sa come si chiama questo? Ah, un nome dolcissimo… più dolce d’una caramella: - EPITELIOMA, si chiama. Pronunzi, sentirà che dolcezza: epitelioma… la morte, capisce? è passata. M’ha ficcato questo fiore in bocca e m’ha detto: - Tientelo, caro: ripasserò fra otto o dieci mesi! -. Ora mi dica lei, se con questo fiore in bocca, io me ne posso stare a casa tranquillo e quieto, come quella disgraziata vorrebbe. Le grido: - Ah, sì, e vuoi che ti baci? - Sì, baciami -.
Ma sa cosa ha fatto? Con uno spillo, l’altra settimana, s’è fatta uno sgraffio qua, sul labbro, e poi m’ha preso la testa e mi voleva baciare… baciare in bocca. Perchè dice che vuol morire con me. E’ pazza… A casa io non ci sto. Ho bisogno di starmene dietro le vetrine delle botteghe, io, ad ammirare la bravura dei giovani di negozio. Perchè, lei capisce, se mi si fa un momento di vuoto dentro… lei lo capisce, posso anche ammazzare come niente tutta la vita di uno che non conosco… cavare la rivoltella e ammazzare uno che come lei, per disgrazia, abbia perduto il treno… No, no non tema, caro signore: io scherzo! Me ne vado. Ammazzerei me, se mai…
Ma ci sono, di questi giorni, certe buone albicocche… Come le mangia lei? con tutta la buccia, è vero? Si spaccano a metà; si premono con due dita, per lungo… come due labbra socchiuse… Ah, che delizia! Mi ossequi la sua egregia signora e anche le sue figliuole in villeggiatura. Me le immagino vestite di bianco e celeste, in un bel prato verde in ombra… E mi faccia un piacere, domattina, quando arriverà. Mi figuro che il paesello disterà un poco dalla stazione. - All’alba, lei può fare la strada a piedi. - Il primo cespuglietto d’erba sulla proda. Ne conti i fili per me. Quanti fili saranno, tanti giorni ancora io vivrò. Me lo scelga bello grosso, mi raccomando. Buona notte, caro signore -.

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La tigre e la fragola (da 1001 storie Zen di Muju, il non-dimorante) (0 commenti, scrivi tu)

Un uomo che camminava per un campo si imbatté in una tigre. Si mise a correre, tallonato dalla tigre. Giunto a un precipizio, si afferò alla radice di una vite selvatica e si lasciò penzolare oltre l’orlo. La tigre lo fiutava dall’alto. Tremando, l’uomo guardò giù, dove, in fondo all’abisso, un’altra tigre lo aspettava per divorarlo. Soltanto la vite lo reggeva. Due topini, uno bianco e uno nero, cominciarono a rosicchiare pian piano la vite. L’uomo scorse accanto a sé una bellissima fragola. Afferrandosi alla vite con una mano sola, con l’altra spiccò la fragola. Com’era dolce!

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Il Ladro che diventò discepolo (da 1001 storie Zen di Muju, il non-dimorante) (0 commenti, scrivi tu)

Una sera, mentre Shichiri Kojun stava recitando i sutra, entrò un ladro con una spada affilata e gli ordinò di dargli il denaro se non voleva essere ucciso.
Shichiri gli disse: “Non mi disturbare. Il denaro lo troverai in quel cassetto”. Poi si rimise a recitare.
Poco dopo si interruppe e gridò: “Non prendertelo tutto. Domani me ne serve un po’ per pagare le tasse”.
L’intruso aveva afferrato quasi tutto il denaro e stava per andarsene.
“Ringrazia, quando ricevi un regalo” soggiunse Shichiri. L’uomo lo ringraziò
e andò via.
Alcuni giorni dopo quel tale fu preso e confessò, tra gli altri, il furto ai danni di Shichiri.
Quando fu chiamato come testimone, Shichiri disse: ” Quest’uomo non è un ladro, almeno per quanto mi riguarda. Io gli ho dato il denaro e lui mi ha detto grazie”.
Dopo aver scontato la pena, l’uomo andò da Shichiri e divenne suo discepolo.

(Recitata da Antonio Leone)

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Ah si (da 1001 storie Zen di Muju, il non-dimorante) (0 commenti, scrivi tu)

Ah si

Il Maestro di zen Hakuin era decantato dai vicini per la purezza della sua vita.
Accanto a lui abitava una bella ragazza giapponese, i cui genitori avevano un negozio di alimentari.
Un giorno, come un fulmine a ciel sereno, i genitori scoprirono che era incinta.
La cosa mandò i genitori su tutte le furie. La ragazza non voleva confessare chi fosse l’uomo,
ma quando non ne poté più di tutte quelle insistenze, finì col dire che era stato Hakuin.
I genitori furibondi andarono dal maestro. “Ah sì?” disse lui, come tutta risposta.
Quando il bambino nacque lo portarono da Hakuin.
Ormai lui aveva perso la reputazione, cosa che lo lasciava indifferente, ma si occupò del bambino con grande sollecitudine. Si procurava dai vicini il latte e tutto quello che occorreva al piccolo.
Dopo un anno, la ragazza madre non resistette più. Disse ai genitori la verità: il vero padre del bambino era un giovanotto che lavorava al mercato del pesce.
La madre e il padre della ragazza andarono subito da Hakuin a chiedergli perdono, e fargli tutte le loro scuse e a riprendersi il bambino.
Hakuin non fece obiezioni.
Nel cedere il bambino, tutto quello che disse fu: “Ah sì?”.

(Recitata da Antonio Leone)

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Una tazza di tè (da 1001 storie Zen di Muju, il non-dimorante) (0 commenti, scrivi tu)

Una tazza di tè

Nan-in, un Maestro Giapponese dell’èra Meiji (1868-1912), ricevette la visita di un professore universitario
che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen.
Nan-in servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare.
Il professore guardò traboccare il tè, poi non riuscì più a contenersi. “E’ ricolma. Non ce n’entra più!”.
“Come questa tazza,” disse Nan-in “tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture.
Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?”.

(Recitata da Antonio Leone)

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